Intossicazione da Istamina
L’intossicazione da istamina o “sindrome sgombroide”
L’istamina è un composto azotato normalmente prodotto dal nostro organismo nel corso di reazioni immunitarie ed infiammatorie, tuttavia la sua produzione a dosi eccessive caratterizza le reazioni allergiche. Quando questa viene assunta attraverso l’alimentazione in concentrazioni rilevanti da soggetti sensibili può rendersi responsabile di un intossicazione alimentare, solitamente chiamata “sindrome sgombroide” perché è comunemente associata al consumo di pesci appartenenti alla famiglia degli Scombridae. L’istamina è generalmente presente in taluni alimenti sotto forma del suo precursore, l’aminoacido istidina. Alcuni batteri Gram- sono in grado di metabolizzare l’istidina causando la sua trasformazione in istamina e quindi la presenza di questa sostanza nell’alimento. È importante sottolineare che un’alterata modalità di conservazione dell’alimento (es. mancato rispetto della catena del freddo) può determinare una ragguardevole proliferazione di tali batteri e, di conseguenza, un rilevante aumento della concentrazione dell’istamina. Questa sostanza è estremamente stabile infatti, una volta formata, non viene più eliminata, neanche se l’alimento viene congelato o sottoposto a cottura alle normali temperature (sarebbe necessaria infatti, per una completa inattivazione, una cottura a temperature pari a 116° per 90 minuti)
Tra le categorie alimentari ricche di istidina e quindi maggiormente a rischio troviamo alcuni tipi di formaggi ma soprattutto alcune specie ittiche che fisiologicamente presentano un elevato tenore di questo aminoacido. Il regolamento 2073/05, che definisce le modalità di campionamento e i limiti per questa sostanza negli alimenti, riporta le famiglie di pesci che sono notoriamente associate ad un tenore elevato di istidina. Nello specifico, le famiglie a rischio sono Scombridae (tonno, sgombro) Clupeidae (sardina, aringa, spratto, alaccia, cheppia), Engraulidae (acciuga), Coryfenidae, Pomatomidae, Scombresosidae.
Un alimento con alte concentrazioni di istamina, una volta ingerito, è in grado di provocare sintomi equiparabili ad un allergia alimentare (arrossamenti cutanei, disturbi gastro-intestinali, calo della pressione, tachicardia, emicrania). La comparsa dei sintomi avviene generalmente in tempi molto brevi (da 20-30 minuti dall’assunzione dell’alimento fino ad alcune ore) e i disturbi, di solito di lieve entità, si risolvono mediamente entro le 24 ore, ma nei casi più gravi possono arrivare a produrre un brusco calo della pressione arteriosa, fino al collasso cardio-circolatorio. E’ da segnalare inoltre che l’eventuale presenza, anche di notevoli quantità di istamina, non conferisce al pesce odore, colore o sapore particolare, quindi non può essere rilevata dal consumatore.
Come prevenire:
Il pesce va conservato osservando rigorosamente la catena del freddo proprio per evitare la proliferazione batterica. Questa attenzione va posta anche per i prodotti ittici in scatola, una volta aperti, conservarli in frigo
Cosa fa l’Istituto
La prova per la ricerca dell’istamina è accreditata e i campionamenti da parte delle Autorità Competenti vengono eseguiti in particolare sui prodotti ittici più a rischio nell’ambito di Piani di vigilanza e controllo o a seguito segnalazione di intossicazione. Nel Lazio, nel periodo 2011-2014, i Servizi Veterinari delle Aziende Sanitarie Locali hanno eseguito circa 300 campionamenti mirati e sono state rilevate concentrazioni superiori alla norma nel 3.4% dei casi. Presso la Sede centrale di Roma la prova viene eseguita tramite tecnica HPLC-DAD dalla Direzione Operativa Chimica. Per la Toscana le analisi sono eseguite dal laboratorio chimico della Sezione di Firenze (https://www.izslt.it/le-sedi/sede-di-firenze/) , tramite tecnica UHPLC.