Le “nacchere di mare”, Pinna nobilis, rischiano l’estinzione nel Mar Mediterraneo
Dalla Spagna, alla Francia, Tunisia, Malta, Italia e recentemente in Grecia, Turchia e Cipro si estende il fenomeno della infezione e mortalità delle nacchere di mare ad opera del protozoo Haplosporidium pinnae.
In Italia casi di mortalità sono già stati osservati in Sicilia, Puglia, Campania e Sardegna (zona del Sinis).
Pinna nobilis è il più grande mollusco bivalve del Mediterraneo, che può raggiungere e superare la lunghezza di un metro e colonizzare ampi tratti costieri, dalle lagune ai fondali profondi 40 metri, potendo vivere oltre due decadi.
La comunità scientifica si è attivata per capire la portata del fenomeno e studiare idonee contromisure per evitare l’estinzione.
L’IZS Lazio e Toscana è parte di una rete di monitoraggio, che ha tra gli obiettivi l’approfondimento delle cause del fenomeno e lo studio di contromisure per evitare l’estinzione del mollusco.
Il CNR IRSA di Taranto, la Facoltà di Veterinaria dell’Università di Teramo, l’ ARPAT Settore Mare di Livorno, il Centro di referenza nazionale per le malattie di pesci, molluschi e crostacei dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie sono tra gli altri altri Enti e istituzioni scientifiche che a vario titolo operano nell’ambito della rete.
Haplosporidium pinnae colonizza l’apparato digerente di Pinna nobilis, debilitandolo e impedendo la chiusura del guscio e la difesa dai predatori, sino a provocarne il decesso (Calvarese et al. Haplosporidium pinnae sp. nov., a haplosporidan parasite associated with mass mortalities of the fan mussel, Pinna nobilis, in the Western Mediterranean Sea., Journal of Invertebrate Pathology., 2018; 157, 9-24).
La nacchera di mare è stata dichiarata specie protetta del Mar Mediterraneo a causa della minaccia esercitata anche da pesca indiscriminata, inquinamento e distruzione dell’habitat naturale.
Nonostante il divieto di pescare gli esemplari di Pinna nobilis, spesso il mollusco viene raccolto dai fondali per finire in cucina o come souvenir. Un danno che perdura nel tempo, visto che le bivalve impiegano molti anni per raggiungere l’età riproduttiva.
L’ estinzione del mollusco potrebbe causare effetti negativi importanti nel medio-lungo periodo, sostiene Fernando Rubino, ricercatore del CNR IRSA di Taranto: “Le conchiglie sono molto ampie e spesso rappresentano l’unico substrato duro su fondali sabbiosi, abitati da Posidonia oceanica e organismi di substrato molle. Diciamo che Pinna nobilis è un “potenziatore di biodiversità”, in quanto permette l’insediamento di organismi che normalmente vivono sulla roccia, attirandone altri e facilitando la presenza di una elevata biodiversità. Ciò apporta stabilità, sintomo di un ecosistema in buona salute, con le positive conseguenze che ne derivano anche per le attività umane”.
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