Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana M. Aleandri

Lo spazio della lettura. “Le Api e Noi”

“Le Api e Noi”, di Francesco Colafemmina Edizioni Apinsieme, 2017; pp 164.

L’Autore accompagna noi e le api in viaggio nella storia, nella mitologia, nella religione, nella politica, nell’etica, nella scienza, nell’arte, nell’architettura e nella letteratura attraverso i secoli.
Il tutto con un piccolo saggio, di facile lettura, coinvolgente per tutti, non solo per gli addetti ai lavori.
Di seguito alcuni spunti.

 

L’intelligenza delle api e l’architettura

Marco Terenzio Varrone (II-I a.C.) nel De Rustica scrive “Le api non hanno una natura solitaria, come le aquile, ma somigliano di più agli uomini”. Varrone non sapeva che il cervello delle api è dotato di quasi un milione di neuroni, il doppio di altri insetti, ma quasi una nullità rispetto a quello umano, che ne contiene circa 100 miliardi. Se consideriamo l’intero alveare, nel picco di attività può arrivare a 50.000 api, quindi 50 miliardi di neuroni al lavoro. L’intelligenza delle api è quindi sociale.

Ciò ci spiega l’eccezionale costruzione del favo a partire dalla cera, costituito da cellette esagonali inclinate verso l’interno di 20° in modo, che le api possano stivare il miele evitando che possa colare.
J. Keplero (XVI secolo) scrive che “le api architetto sono dotate di anima e a loro modo capaci di senso geometrico”.

 

Vita e morte

Le api e il miele come trait d’union vita-morte.
Nella civiltà egiziana il miele era usato come strumento di mummificazione e veniva anche lasciato in anfore nelle tombe, come scoperto da H. Carter nella tomba di Tutankhamen.

Ma non serviva solo a custodire i morti, ma anche ad evocarne le anime. Circe, nell’Odissea, istruisce Ulisse come evocare le anime dei morti, tra cui quelle dell’indovino Tiresia, per ottenere da lui le informazioni per tornare a casa: “Dopo essere andato vicino, o eroe, come t’ordino, scava una fossa di un cubito in un senso e nell’altro e versa intorno un’offerta per tutti i defunti, prima di latte e miele, dopo di dolce vino, poi una terza di acqua. Cospargila con bianca farina d’orzo”.

Vita e morte si incontrano anche nella religione induista, dove è tradizione vergare con una penna intinta di miele la sillaba sacra “Om” sulla lingua di un neonato.

 

Amore

La letteratura amorosa ricorre spesso alla figura del miele e delle api.
Shakespeare in Romeo e Giulietta “Amore mio, mia sposa! La morte, che ha succhiato il miele del tuo respiro, nessun potere ha ancora avuto sulla tua bellezza”.

La poesia indiana è ricca di riferimenti al tema dell’amante-ape, come, ad esempio, il poema “Bhamini-vilasa (La bellezza di Bhamini)” di Jagannatha Panditarja (XVI secolo):
“Mango, l’ape si è spinta
in mezzo alla più fitta selva
e ha scrutato ogni albero d’attorno:
ma in tutto il mondo non si è mai imbattuta
in nulla che fosse pari a te”.

 

L’ape politica e l’ape virtuosa

Sin dall’antichità molto si è dibattuto sull’organizzazione sociale delle api con l’utilizzo di molteplici metafore con la società umana.

Le api sono monarchiche o democratiche? Sono di destra o di sinistra? Conservatrici o rivoluzionarie?
Aristotele le considera “conservatrici”, per il loro legame con un assetto tradizionale di valori, Seneca ne focalizza la componente monarchica, Virgilio nelle Georgiche ne mette in chiaro la dimensione collettiva.
Secondo J. P. Proudhon (filosofo e sociologo francese del XIX secolo) la società delle api è un’organizzazione autogestita, dove il potere non è nelle mani di un individuo o gruppo di individui, ma è un esercizio armonico di funzioni non mediate dall’egoismo.

Sant’Ambrogio (IV d. C.), patrono degli apicoltori, evidenzia il lato monastico della società delle api, caratterizzata da laboriosità, abnegazione, sapienza, castità, coordinamento, solidarietà, rispetto dei ruoli, collettività.


Apicoltura per l’anima

Qui l’Autore esprime l’aspetto più nobile del rapporto api-uomo, che vede soprattutto nell’apicoltore: “La verità è altrove, la verità è nell’anima dell’apicoltore che, affine al cacciatore e al pastore, è essere solitario per eccellenza, ma anche uomo di contemplazione, uomo dal profondo mondo interiore e di grande sensibilità”. Probabilmente questa descrizione ben si adatta a Tolstoj, apicoltore d’eccellenza, e a Levin, suo personaggio in  “Anna Karenina”.
Le api costituiscono oggetto di curiosità intellettuale e elemento di confronto con il proprio io profondo.
Sentimenti simili si trovano nella poetessa americana Sylvia Path, morta suicida a trent’ anni. Pochi mesi prima di togliersi la via scrive “Bee Poems”, cinque poesie tramite le quali guarda le contraddizioni dell’esistenza, attraverso il mondo tutto femminile delle api.

 

Le api hanno questo di buono: sembrano essere sempre le stesse” (E. Warré, 2013).

 



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