Centro di Referenza nazionale Anemia Infettiva Equina

Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana M. Aleandri
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana M. Aleandri

Descrizione malattia

EZIOLOGIA

L’anemia infettiva equina (AIE) è una malattia diffusa in tutto il mondo.
Tutti gli equidi (cavallo, asino, mulo, bardotto) risultano sensibili all’infezione causata da un virus della famiglia Retroviridae, genere Lentivirus e trasmessa principalmente da insetti vettori, soprattutto tafani.
La sua diffusione è maggiore nei periodi favorevoli all’attività degli artropodi ed è di più facile riscontro in regioni a clima caldo umido: per questo è anche conosciuta con il nome di “swamp fever” o “febbre delle paludi”.
Il virus, a RNA e con un genoma di 8.2 kb,replica nelle cellule della linea bianca del sangue. In particolare, nei macrofagi il virus integra il proprio genoma, garantendo la persistenza dell’infezione virale nel tempo.
La struttura del virus è mostrata in figura:

(da Leroux C., Cadoré J.L., Montelaro R.C. Equine Infectious Anemia Virus (EIAV): what has HIV’s country cousin got to tell us? Vet Res. 2004 Jul-Aug;35(4):485-512)

TRASMISSIONE

In condizioni naturali, la trasmissione indiretta del virus è prevalentemente mediata da insetti vettori. Gli insetti ematofagi, principalmente tafani e mosche cavalline, sono in grado di trasmettere l’infezione soprattutto a seguito della puntura di soggetti in fase acuta dell’infezione e successivo pasto di sangue su animali sani.
Altra via di trasmissione del virus, ancor più efficiente, è quella iatrogena; l’impiego di strumenti contaminati (aghi, siringhe e strumenti chirurgici) e le trasfusioni di emoderivati non controllati sono le cause più frequenti; in questi casi l’infezione può anche essere trasmessa da animali con infezione cronica, a causa della quantità di sangue inoculato, superiore rispetto a quella degli insetti.
Il passaggio dell’infezione nel corso della gravidanza è meno frequente ma possibile. Il contagio è anche possibile al momento del parto o attraverso secreti ed escreti come colostro, latte e seme di soggetti soprattutto in fase acuta di infezione.

SINTOMATOLOGIA CLINICA

La frequenza delle infezioni di tipo asintomatico da un lato, l’assenza di sintomi specifici e l’estrema variabilità individuale dall’altro rendono la diagnosi clinica piuttosto difficile.Il periodo di incubazione della malattia può durare da 5-7 giorni fino a 3 mesi.
Tipo di virus circolante e dose di inoculo, assieme a variabilità inter ed intraspecifica condizionano fortemente l’andamento e l’evoluzione dell’infezione che può decorrere in forma acuta, cronica e inapparente o asintomatica.
La malattia acuta si manifesta entro 1-4 settimane dall’infezione e può evolvere in forma grave. Il virus replica attivamente nei tessuti dell’ospite e può portare a morte l’animale colpito in breve tempo, talvolta, ancor prima della comparsa dei segni clinici; i principali sintomi che la caratterizzano sono la febbre e una drammatica riduzione del numero di piastrine circolanti.
La maggior parte dei soggetti colpiti sopravvive. Quindi, l’infezione può evolvere verso una forma subacuta o cronica, con cicli ricorrenti di febbre associati a depressione, perdita di peso, anemia e comparsa di emorragie puntiformi sulle mucose; gli episodi febbrili sono associati e conseguenti alla riattivazione virale che può essere favorita o da eventi stressanti o da immunosoppressione (per es. somministrazione di corticosteroidi).
Nel tempo, la frequenza e l’intensità delle manifestazioni cliniche diminuiscono e generalmente entro un anno dall’infezione il sistema immunitario dei soggetti colpiti riesce a tenere l’infezione sotto controllo; questa fase è caratterizzata da una limitata replicazione virale con assenza di manifestazioni cliniche.
I portatori inapparenti del virus rimangono infetti per il resto della loro vita e possono costituire fonte di contagio per altri animali recettivi; per questo motivo, sebbene le infezioni di tipo asintomatico siano le più frequenti, gli animali positivi sono soggetti a provvedimenti restrittivi per limitare la diffusione.

Questi i possibili segni clinici associati all’AIE:

  • febbre (con temperatura oltre i 40°C)
  • depressione
  • petecchie emorragiche sulle mucose
  • trombocitopenia
  • anemia
  • edema alle parti distali degli arti
  • anoressia
  • debolezza, astenia
  • tachipnea
  • sudorazione
  • rapida perdita di peso
  • epistassi
  • mucose pallide o itteriche
  • battito irregolare e/o pulsazioni deboli
  • coliche
  • aborto

Malattie da tenere in considerazione per la diagnosi differenziale:

  • Arterite Virale Equina
  • Babesiosi
  • Ehrlichiosi
  • Leptospirosi

DIAGNOSI

Data l’elevata frequenza di forme asintomatiche e l’assenza di vaccini, lo strumento diagnostico principale è quello sierologico.

Il test ufficialmente riconosciuto ai fini degli scambi internazionali è l’Immunodiffusione in gel di agar (AGID) anche conosciuto come test di Coggins; il risultato negativo indica che non ci sono anticorpi svelabili al momento dell’esame; un test positivo indica che il cavallo è infetto ed è portatore del virus. Il metodo, che ha caratteristiche di elev ata specificità è, tuttavia, poco sensibile.

Il test ELISA, sempre più utilizzato, risulta molto più sensibile ed offre il vantaggio di una più rapida esecuzione (poche ore, rispetto alle 48/72 ore dell’AGID). E’ impiegato come metodo di screening ed in caso di risultato positivo deve essere verificato in AGID al fine di escludere possibili reazioni aspecifiche.

L’Immunoblotting è il metodo più sensibile e specifico, in grado di svelare la presenza di anticorpi diretti verso le tre principali proteine del virus p26, gp45 e gp90 e può dirimere i casi non conclusivi quando la scarsa sensibilità dell’AGID non è in grado di rilevare la presenza di anticorpi a basso titolo.

Puledri nati da madri infette, per la presenza nel sangue di anticorpi assunti con il colostro, possono costituire dei falsi positivi. Per escludere tali circostanze, si consiglia di effettuare ulteriori controlli oltre il sesto mese di vita.

Accanto alle tecniche sierologiche di tipo tradizionale, le metodiche molecolari possono costituire un valido ausilio diagnostico per l’identificazione di soggetti in fase acuta di infezione (nei quali la risposta anticorpale può non essere presente) o anche, per condurre approfondimenti diagnostici ed epidemiologici volti allo studio della possibile origine dei ceppi virali circolanti.

SITUAZIONE EPIDEMIOLOGICA

Situazione Internazionale
Situazione Nazionale

FATTORI DI RISCHIO

Poiché non esistono terapie specifiche e vaccini per l’AIE, la prevenzione è l’unico mezzo di controllo. Per ridurre la presenza dell’AIE e limitare il contagio è fondamentale conoscere lo stato sanitario individuale e della popolazione equina e garantire una corretta gestione degli animali positivi e dei focolai. L’incompleta attuazione dell’identificazione degli equidi determina ancora oggi la presenza sul territorio nazionale di soggetti con stato sanitario ignoto che possono costituire una fonte di contagio per altri soggetti sani recettivi; l’assenza di un censimento dell’effettiva popolazione equina rende ancora più complessa la corretta definizione del quadro epidemiologico.

Per quanto riguarda la gestione dei focolai, la frequenza delle forme asintomatiche rende difficile per i proprietari accettare la diagnosi di AIE e l’isolamento dei capi positivi; questo espone altri soggetti al possibile contagio, considerando il tipo di infezione persistente che caratterizza la patologia. Al fine di limitare la diffusione dell’infezione, considerando le modalità di trasmissione, è infine necessario garantire in allevamento un’adeguata gestione dal punto di vista igienico, soprattutto per le pratiche di tipo sanitario, ed il rispetto delle norme di biosicurezza previste.

BIOSICUREZZA NEGLI ALLEVAMENTI EQUINI

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