Centro di Referenza Nazionale (CRN) per l’Antibioticoresistenza

Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana M. Aleandri
Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana M. Aleandri

Antibioticoresistenza

Gli antibiotici hanno rappresentato, fin dalla loro scoperta (es. penicillina, nel 1929), un potente strumento al fianco della medicina pubblica, per la terapia delle infezioni batteriche e delle complicazioni batteriche di importanti malattie infettive ad elevata incidenza e con tassi di letalità rilevanti per il genere umano. Negli ultimi quaranta anni, sono stati di grande supporto all’exploit delle produzioni zootecniche, favorendo l’incremento della disponibilità di proteine animali per vasti strati sociali nei Paesi sviluppati, e contribuendo anche indirettamente al miglioramento delle condizioni di “salute” delle nuove generazioni. Tuttavia, l’uso degli antibiotici non è scevro da “effetti collaterali”. Infatti, l’utilizzo di varie classi di molecole ad azione antibiotica purtroppo ha favorito la “selezione” e la diffusione di popolazioni resistenti di agenti batterici patogeni e commensali opportunisti.

Il fenomeno dell’antibioticoresistenza è un “fenomeno naturale”, che ha accompagnato l’evoluzione dei batteri, incluse le specie a vita libera, nella competizione per le fonti trofiche. L’uso degli antibiotici nel settore umano nel settore veterinario non ha fatto altro che amplificare enormemente il fenomeno, basato sulla selezione di organismi in grado di sopravvivere in un determinato ambiente sfavorevole, grazie a mutazioni genetiche o per acquisizione da altri organismi di geni di resistenza già “precostituiti”. Attualmente, la quasi totalità delle classi di antibiotici impiegata nella terapia umana, trova riscontro in analoghe molecole registrate anche per uso veterinario. La disponibilità ed i quantitativi utilizzati nel settore veterinario hanno favorito nel corso degli ultimi decenni l’emergenza e la diffusione di resistenze a tutte le classi di antibiotici utilizzate in batteri di origine animale, inclusi i batteri zoonosici (es. Salmonella, Campylobacter) ed opportunisti (es. Escherichia coli, Enterococcus sp.).

Nel tempo, si è acceso un intenso dibattito sull’uso degli antibiotici nelle produzioni animali, e sull’impatto che le quantità e le modalità di utilizzo nel settore animale hanno nell’Uomo, attraverso la diffusione di agenti antibioticoresistenti (e. g. agenti zoonosici) o di geni di resistenza (e. g. attraverso agenti commensali ed opportunisti) lungo le filiere produttive fino all’Uomo. Il dibattito si è più recentemente alimentato anche per l’uso che si fa degli antibiotici negli animali da compagnia, per i possibili rischi di trasferimento di agenti antibioticoresistenti dovuti alla convivenza con i “pets”.

L’importanza del “problema antibioticoresistenza” non è recente.

Attualmente, nell’Unione europea, ECDC EMA ed EFSA stimano che circa 25.000 pazienti muoiono ogni anno per infezioni causate da batteri multiresistenti e i costi relativi sono stimati a circa 1,5 miliardi di euro all’anno. Negli Stati Uniti d’America, le infezioni da patogeni resistenti agli antimicrobici pesano sul sistema sanitario per oltre 20 miliardi di dollari all’anno e generano più di 8 milioni di giorni di degenza aggiuntivi. I costi sociali annuali superano i 35 miliardi di dollari (http://www.who.int/bulletin/volumes/89/5/11-088435/en/index.html).

Tuttavia, già nel 1998, l’Assemblea Mondiale della Sanità (AMS, World Health Assembly, WHA) aveva adottato una risoluzione che invitava formalmente gli Stati Membri a prendere contromisure nei confronti della resistenza agli antibiotici.

Nello stesso anno, a Copenhagen, si tenne una Conferenza dell’Unione Europea (“The Microbica Threat”, ovvero la minaccia microbica) che giunse ad una serie di conclusioni e raccomandazioni “globali” ed a livello EU, che vennero successivamente pubblicate (“The Copenhagen Recommendations” ).

Tra i punti più importanti, vi erano le necessità di istituire un sistema di “sorveglianza” sul fenomeno dell’antibioticoresistenza, di monitorare i volumi di consumo delle varie classi di antibiotici in medicina umana e veterinaria, di investire nel settore della ricerca sull’antibioticoresistenza. Inoltre si constatava già da allora come l’industria farmaceutica avesse ridotto la capacità di investire nella ricerca di nuove classi di antibiotici e di portarne a registrazione di nuovi. Per tali motivi, si raccomandava di promuovere estensivamente l’uso “prudente” degli antibiotici, per poterne preservarne nel tempo l’efficacia terapeutica sia nel settore umano e veterinario. Nel 2005 a Canberra fu indetta per la prima volta una riunione di esperti dell’WHO sugli antimicrobici di importanza critica (Critically important Antimicrobials, CIA) per la salute umana, che dovesse classificare l’importanza di varie classi di antibiotici in rapporto a specifici criteri. Tale classificazione, in continua evoluzione, raggiunse una forma più matura nel 2007 e nel 2011. Nello specifico, gli antibiotici che soddisfano entrambi i seguenti criteri:

– l’antibiotico in questione è l’unica o una delle terapie limitate disponibili, per trattare gravi malattie umane;

– l’antibiotico è usato per trattare malattie causate da: (1) organismi che possono essere trasmessi all’uomo da fonti non – umane o (2) malattie umane causate da organismi che possono acquisire geni di resistenza da fonti non – umane;

sono classificati “Critically Important Antimicrobials” (CIA).

Tra i CIA, purtroppo, sono comprese anche alcune classi di antibiotici registrati per uso veterinario e per varie specie zootecniche in EU: Cefalosporine di 3a e 4a generazione, Fluorochinolonici e Macrolidi (http://apps.who.int/iris/bitstream/10665/77376/1/9789241504485_eng.pdf). Pertanto si raccomandò già da allora di limitarne l’utilizzo negli animali a casi selezionati e per la terapia individuale.

Più recentemente, nel 2012 una nuova EU ConferenceCombating Antimicrobial Resistance – Time for Joint Action”, si è concentrata sulla crescente minaccia globale della resistenza antimicrobica e l’uso di antimicrobici da una “prospettiva One Health“. Tale Conferenza aveva come ultimo scopo quello di fornire ulteriori raccomandazioni a vantaggio del Consiglio d’Europa, della Commissione Europea e degli Stati Membri.

Il punto di partenza per le discussioni alla conferenza era che un approccio olistico che comprendesse sia la medicina umana che veterinaria, vista la rilevanza dei legami tra stato di salute o di malattia negli animali e stato di salute negli esseri umani.

L’obiettivo principale della conferenza è stato quello di discutere i modi per:

– Migliorare la sorveglianza e la raccolta dei dati sui consumi degli antibiotici e la sorveglianza sull’antibioticoresistenza nell’Uomo e negli animali;

– Fermare l’eccessivo uso di antibiotici negli esseri umani e negli animali, favorendo il c. d. “uso razionale”.

– Ridurre l’uso dei Critically Important Antimicrobials nell’uomo e negli animali .

Gli esiti della conferenza e le raccomandazioni scaturite hanno favorito l’adozione di un successivo documento da parte del Consiglio d’Europa (Conclusioni del Consiglio del 22 giugno 2012 sull’impatto della resistenza agli antimicrobici nel settore della salute umana e nel settore veterinario una prospettiva di ‘ One Health ‘ (2012 / C 211 / 02 ) che, sotto forma di “Invito”, richiama gli Stati Membri e la commissione ad uno sforzo attivo su vari argomenti , tra cui:

– lavorare attivamente per promuovere iniziative internazionali per limitare il volume d’uso degli antimicrobici, specialmente per gli Antibiotici di Importanza Critica, che dovrebbe includere requisiti condivisi a livello internazionale in materia di prescrizione degli antimicrobici, in materia di vigilanza e di reporting sull’uso degli antimicrobici e sull’antibioticoresistenza, e una sorveglianza ed un divieto globale dell’uso degli antimicrobici in funzione di promotori di crescita negli animali;

– lavorare attivamente per promuovere l’adozione di norme a livello internazionale, anche attraverso risoluzioni del WHO e dell’OIE e le norme del Codex Alimentarius, per la sorveglianza e la reportistica sull’uso degli antimicrobici e sull’antibioticoresistenza.

– collaborare strettamente con l’ ECDC , EFSA e EMA nel rafforzare il monitoraggio circa l’emergenza ed i trend dell’antibioticoresistenza negli esseri umani, negli animali e negli alimenti nell’Unione Europea. (http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2012:211:0002:0005:EN:PDF).


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